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Criteri del "fine vita" sui sottoprodotti animali
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Criteri del “fine vita” sui sottoprodotti animali

Criteri del “fine vita” sui sottoprodotti animali

Criteri del “fine vita” sui sottoprodotti animali

In una recente sentenza, la Corte di Cassazione italiana ha fornito chiarimenti importanti sui requisiti necessari affinché i sottoprodotti di origine animale possano essere classificati come “fine vita”, esentandoli così dalle più rigorose normative sulla gestione dei rifiuti.

Il caso in questione riguardava un’azienda che lavorava pelli animali. Nonostante fosse autorizzata a gestire le pelli, l’azienda non possedeva le autorizzazioni necessarie per lo stoccaggio di liquidi di scarto e il deposito temporaneo dei residui di lavorazione. L’azienda sosteneva che questi residui potessero essere classificati come “sottoprodotti” e quindi riutilizzati nei processi produttivi, evitando così di essere considerati rifiuti.

La Corte, tuttavia, ha respinto questa tesi. Ha sottolineato che affinché una sostanza possa essere classificata come “fine vita”, devono essere soddisfatti specifici criteri, tra cui:

  • Riutilizzo certo: La sostanza deve essere destinata a un riutilizzo specifico in un processo produttivo successivo.
  • Nessun trattamento ulteriore: Non deve richiedere ulteriori lavorazioni oltre a quelle standard del settore.
  • Conformità legale: Deve rispettare tutte le normative vigenti in materia di salute e ambiente.

La Corte ha rilevato che l’azienda non era riuscita a dimostrare che i suoi residui soddisfacevano questi criteri. In particolare, la mancanza di adeguate strutture di stoccaggio e il ritrovamento di rifiuti smaltiti in modo irregolare indicavano chiaramente che i residui venivano gestiti come rifiuti e non come risorse riutilizzabili.

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