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Obbligo vaccinale e rischio biologico, la CGUE chiarisce i limiti di legittimità - Opra Lazio
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Obbligo vaccinale e rischio biologico, la CGUE chiarisce i limiti di legittimità

Obbligo vaccinale e rischio biologico, la CGUE chiarisce i limiti di legittimità

Argomento

SICUREZZA NEGLI AMBIENTI DI LAVORO

Tipo di provvedimento

Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, n. 219/24 del 12 giugno 2025

 

Principali contenuti

La sentenza n. 219/24 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, pronunciata il 12 giugno 2025 nella causa C-219/24, rappresenta un importante chiarimento giuridico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro in presenza di rischi biologici. In essa, la Corte afferma che l’esistenza di un rischio biologico concreto, come ad esempio quello legato alla diffusione di virus altamente trasmissibili, tra cui il SARS-CoV-2 , può giustificare l’introduzione, da parte dei datori di lavoro o delle autorità competenti, di un obbligo vaccinale nei confronti dei lavoratori. Questa posizione si fonda sul combinato disposto della Direttiva 2000/54/CE, che disciplina la protezione dei lavoratori dall’esposizione ad agenti biologici, e della Direttiva 89/391/CEE, che stabilisce i principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Secondo la Corte, l’imposizione di un obbligo vaccinale, pur incidendo su diritti individuali rilevanti, come l’integrità fisica e la libertà personale, può essere legittima, purché rispetti precisi criteri di necessità, proporzionalità e adeguatezza. In particolare, la misura non può essere adottata in via automatica o generalizzata, ma deve scaturire da una rigorosa valutazione del rischio, specificamente riferita al contesto lavorativo interessato. Tale valutazione deve prendere in considerazione la natura delle mansioni svolte, il grado di esposizione potenziale all’agente biologico, l’ambiente di lavoro, nonché la possibilità di contagio ad altri soggetti, come colleghi o utenti esterni.

La Corte sottolinea inoltre che l’obbligo vaccinale, per essere conforme al diritto dell’Unione, deve risultare proporzionato rispetto al rischio che si intende mitigare. Ciò significa che deve trattarsi di una misura strettamente necessaria per garantire la protezione della salute dei lavoratori, e che, prima di imporla, è doveroso considerare l’eventuale efficacia di altre strategie preventive, come l’uso di dispositivi di protezione individuale, l’organizzazione del lavoro in modo da ridurre i contatti, il ricorso al lavoro a distanza ove possibile e l’attuazione di rigorosi protocolli igienico-sanitari. Un ulteriore elemento chiave evidenziato nella pronuncia è l’efficacia dei vaccini disponibili. L’introduzione di un obbligo vaccinale, infatti, è giustificabile solo se i vaccini dimostrano di offrire una protezione effettiva e significativa contro il rischio biologico considerato. In mancanza di tale efficacia, l’obbligo risulterebbe privo di fondamento razionale e contrario ai principi di proporzionalità e adeguatezza sanciti dal diritto dell’Unione.

In conclusione, la sentenza della CGE del 12 giugno 2025 fornisce un’indicazione per orientare le autorità nazionali e i datori di lavoro nell’adozione di eventuali obblighi vaccinali nei contesti lavorativi. Pur riconoscendo la legittimità di tali misure in presenza di un rischio biologico rilevante, la Corte insiste sulla necessità di una valutazione approfondita, basata su dati scientifici aggiornati, su un’analisi concreta del contesto lavorativo e sul rispetto del principio di proporzionalità, così da garantire un equilibrio tra la tutela della salute pubblica e i diritti fondamentali dei lavoratori.

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